In concomitanza con il documento della maggioranza (che oltre a respingere le «esternazioni di Nino Fronteddu» è entrato nel merito di alcuni post pubblicati su internet e ritenuti offensivi), Zente Nova ha voluto, attraverso un proprio comunicato, «chiarire il richiamo al concetto di "Mafia", più precisamente cosa intendiamo dire quando scriviamo delle dinamiche e di un sentire che non è esagerato definire di tipo mafioso».
Secondo il gruppo del consigliere Antonio Satta, «per esteso, il concetto di “mafioso” non è sempre e solo legato alla violenza palese, fisica, tangibile, ma anche ad un’articolazione più sottile, organizzata, pianificata e reiterata dell’illegalità, quella in guanti bianchi, che con una violenza senza armi rovina la vita delle singole persone e incancrenisce la società, o almeno una parte consistente di questa. Facendo alcuni esempi, per dinamiche di tipo mafioso che verosimilmente potrebbero contaminare anche le piccole comunità della Sardegna, intendiamo: bruciare una macchina per mettere il bavaglio a chi con la lotta politica, evidentemente, denuncia il malaffare e scopre le contraddizioni negative che emergono anche nelle piccole comunità quali la nostra; l’abuso e l’uso sfacciato dei beni pubblici come fossero propri, privati; il truccare gli appalti, facendo della corruzione una pratica quotidiana; il fare carte false nelle assunzioni realizzando del clientelismo l’arte del raggiro delle opportunità per tutt* e dell’uguaglianza sociale; l’avere un incidente e/o un infortunio nello svolgimento di una attività privata e far figurare che questo sia avvenuto mentre si assolvevano i propri compiti e/o funzioni e/o il proprio lavoro, ad esempio, presso la Pubblica Amministrazione, così da essere rimborsati dall’assicurazione pubblica alle spalle dei cittadini; la turbativa delle aste pubbliche per agevolare Tizio e Caio, sempre a danno dell’ignaro Sempronio; il voto di scambio perpetuato col ricatto di un misero posto di lavoro e la ritorsione contro chi a quel ricatto non ha ceduto, con le minacce velate di perderlo, a chi ha un lavoro, e di non trovarlo mai, a chi è disoccupato; il “cerchio magico”, ovvero quella situazione particolare per cui, ad esempio, gli affidamenti di incarichi e/o consulenze e/o lavori sono sempre appannaggio di chi sta dentro il cerchio, i concorsi pure, le assunzioni presso il privato con appalto pubblico idem; la falsificazione di atti pubblici per rendicontare inesistenti rimborsi di servizio, indennità e premialità; l’omissione dei propri doveri per nascondere e di fatto “sanare” gli abusi edilizi, l’evasione fiscale etc.; la corruzione che permette la costituzione di clan familistico-parentali-amicali che gestiscono potere, posti di lavoro, denaro, in modo tale da poter incidere sulla vita democratica di una qualsiasi comunità».
Per Zente Nova «chiunque si guarda bene da mettere in atto queste pratiche, può star certo che non è a lui che ci riferiamo. Al contrario, si senta toccato e chiamato in causa colui che di queste pratiche ne fa una condotta di vita. Per quanto possa valere, Zente Nova sempre e pubblicamente denuncerà l’epilogo: ai cittadini per aprire gli occhi, agli organi preposti per perseguire e condannare le “dinamiche di tipo mafioso”, appunto».
Durante il consiglio comunale scorso si è accesa una discussione proprio su tali concetti tra il consigliere Satta e il vicesindaco Lucio Carta che, in tale sede, ha replicato: «non mi sento toccato».