Attraverso una nota, il gruppo Urn Sardinnya è intervenuto sul contesto economico del territorio siniscolese definito «estraneo ad un generale clima di fiducia nella ripresa». Citati dai componenti la «timida crescita del PIL italiano (stima OCSE all'1,4% nel 2017) e crescita dell'occupazione regionale stimata al 2,2%».
Secondo Adriano Bomboi, Roberto Melis e Daniele Puddu, «Siniscola sconta un settore primario (agricoltura e allevamento) segnato da una pesante crisi strutturale, causata da assistenzialismo e scarsa cooperazione, e un settore secondario in cui le manifatture locali (es. falegnamerie, infissi, etc.) si rivolgono quasi esclusivamente al magro mercato interno. Il terziario appare interamente dominato dal commercio privato sui servizi essenziali, come gli alimentari; e dalla pubblica amministrazione».
In merito al turismo si parla di «potenzialità inespresse che danneggiano l'economia locale».
Citata «la perdurante assenza di strutture ricettive, che non ci consente di capitalizzare la lieve crescita degli arrivi. Il tutto a fronte di una fetta di stagionali siniscolesi diventata pendolare verso cittadine vicine (come Orosei e Budoni, dotate di hotel), mentre un'altra fetta ha scelto la strada dell'emigrazione. Un problema che riguarderà sempre più i nati dal 1980 in poi, sia laureati che dequalificati, con scarse possibilità di entrare nel locale mercato del lavoro».
Due i fattori, secondo Urn, che determinerebbero questa situazione: «l'esito del PUC e del PP Regionale» e «la bassa solidità finanziaria dei concittadini siniscolesi non consente inoltre agli stessi di ottenere facile accesso al credito per valorizzare i pochi terreni in cui è possibile edificare mini-unità ricettive».
Sul primo punto, i piani urbanistico e paesaggistico regionale sarebbero «usati malissimo anche rispetto ai Comuni vicini, che hanno vincolato chilometri di terreni sottraendoli all'edilizia ricettiva».
«Escluse le frazioni marittime - prosegue la nota -, che pure presentano ritardi analoghi, i confini dell'abitato di Siniscola dispongono di pochi terreni in cui è possibile costruire mini-unità ricettive. Ed altri in cui sarebbe stato possibile realizzare strutture più grandi, ma in cui i proprietari sono obbligati ad occuparsi di agricoltura in aree in cui non c'è nessuna resa economica. Basti pensare che una vigna di modeste dimensioni produce un reddito annuale che si aggira in media tra i 1000 e i 2500 euro. Queste leggi, che non servono né all'ambiente (essendo i fondi distanti diversi km dalla costa) e né agli investimenti (perché la destinazione agraria ha di fatto livellato il loro valore immobiliare), è un prodotto delle amministrazioni comunali e regionali di centrosinistra degli anni scorsi».
Il gruppo, che si dichiara indipendentista, propone «l'aumento della resa immobiliare» che «consentirebbe di attirare anche capitali esterni, non sussidiati dai contribuenti, desiderosi di investire nelle nostre bellezze ambientali e colmando così la nostra bassa disponibilità
finanziaria».
«La Giunta in carica - conclude il comunicato - non appare tuttavia solerte nell'approfondire tali dinamiche».