Riceviamo e pubblichiamo il comunicato integrale di Zente Nova:
«L’ingresso del borgo inadeguato, l’erosione della spiaggia, la pineta abbandonata, una rete fognaria che spesso salta e ribolle nelle strade sono la Santa Lucia che è, ma il Comune si preoccupa di realizzare un viale alberato di palme, non certo ulivi o piante autoctone, un’isola pedonale grande quanto tutto il lungomare che sarà di cemento lavato, le panchine in granito, poi verra' sacrificato parte del verde dell'attuale piazza fronte torre, dulcis in fundo, saranno abbattuti qualche centinaio di pini per allargare e aprire nuove strade sia perimetrali che all'interno del borgo. L’operazione di maquillage calata dall'alto che subirà Santa Lucia attraverso il Piano di riqualificazione suona come un atto tutto finalizzato a costruire le infrastrutture funzionali agli alberghi previsti nel PUC, in barba ai bisogni e alle opinioni di chi vi risiede tutto l’anno e con buona pace della sua storia. Il Progetto del Comune, mira a trasformarla radicalmente, lo fa senza tenere in considerazione l’opinione e i bisogni dei residenti, ma solo quella di abili consiglieri che in materia di turismo pensano di saperne una più degli altri.
Noi di Zente Nova, e come noi gran parte di coloro che vogliono preservare il nostro territorio dagli avvoltoi cementiferi, avremo auspicato affinchè Santa Lucia non fosse snaturata e depredata della propria storia e peculiarità. Era necessario intervenire su Santa Lucia, ma altrettanto necessario che i quasi due milioni di euro fossero spesi in considerazione del contesto, delle esigenze e delle aspettative di chi vi abita, e non sulla base delle idee di individui che vedono il borgo quale semplice vetrina “artificiale” turistica; più un fenomeno da baraccone che un luogo di accoglienza vera per chi si trova a passare le proprie vacanze. Per noi, infatti, vale sempre il principio che se in un posto sta bene chi vi risiede, in quello stesso posto starà bene chi venendo da fuori vorrà passarci un po’ di tempo, piuttosto che tutta la vita.
Sul piano delle infrastrutture, riteniamo che questo fantomatico Piano di riqualificazione sia stato pensato per essere funzionale agli alberghi e all’idea che questi siano l’unico modo di fare turismo e, quindi, economia (fra l’altro il progettista è lo stesso del PUC). Paradossalmente, però - PUC alla mano - il saldo tra le presenze stagionali del campeggio “La Mandragola” (più di mille) e quelle ipotizzate dall’albergo (circa 500) che dovrebbe sorgere al suo posto, parrebbe essere negativo. Per questo, anche al di fuori dell’impatto sull’ambiente, sotto il profilo economico ci chiediamo che impulso possa dare all’economia locale la costruzione di una struttura che ospita la metà delle presenze attuali e che in più offre al proprio interno ciò che oggi i campeggiatori cercano fuori, ovvero pranzi, cene e spese varie, nuocendo all’economia della ristorazione e dello svago extralberghiero?
Spesso, per giustificare questo modello di sviluppo si citano taluni comuni limitrofi che hanno consumato tutto il loro territorio e, dopo il tempo della cuccagna, pagato un prezzo elevatissimo per quelle scelte scellerate: metà del loro territorio, delle case e delle strutture ricettive, è in mano a non residenti. E’ questo che si vuole? Non sarebbe auspicabile andare nella direzione di un’economia a misura di imprenditoria locale, piccole strutture diffuse? Allora, giochiamola bene, la partita, non giochiamoci il territorio come fatto altrove, perché il quesito non è il solo “fare”, ma il “come” e il “cosa” fare per far girare l’economia qui, non regalare la torta e rosicare le briciole; nel rispetto dell'ambiente, che è parte di noi stessi e della nostra esistenza, senza bisogno di strutture che ingrassano solo chi ne è proprietario e a noi lasciano gli effetti negativi dello sfruttamento predatorio delle risorse naturali e umane del territorio.»
Zente Nova