Con l'obiettivo di discutere di violenza di genere, si è tenuto giovedì pomeriggio il primo incontro organizzato dal gruppo spontaneo “No una de mancu”. Oltre cinquanta le persone presenti.
«Non vogliamo scimmiottare nessuno – ha esordito Alessia Pau, una delle promotrici –, siamo un gruppo di donne aperte agli uomini e pensiamo che insieme si possano trovare le soluzioni». Ribadita la volontà di andare oltre l'organizzazione dell'appuntamento del 25 novembre (giornata designata dall'Onu “per l'eliminazione della violenza sulle donne”): «Vorremmo che nelle linee programmatiche dell'amministrazione comunale vi fossero delle misure specifiche». Sul tema, la capogruppo della maggioranza Carla Pau (presente in sala con l'assessore Antonio Bellu) ha manifestato l'apertura dell'esecutivo.
Tra le protagoniste della serata Luisanna Porcu del centro Onda Rosa di Nuoro. Dopo aver spiegato il funzionamento della struttura e la missione («creiamo percorsi di libertà con le donne, non siamo un servizio Asl e non ci presentiamo come psicoterapeute»), Porcu ha incentrato la sua relazione sul concetto di violenza di genere. «La violenza sulle donne – ha dichiarato – non è una malattia, non è legata a una classe o a una religione. È il frutto dello squilibrio di potere tra i sessi che si riflette anche nel rapporto di coppia. Il problema è che fin dalla nascita abbiamo dei ruoli. Ai bambini viene insegnata la riproduzione di uno schema e a noi dà fastidio qualsiasi cosa esca fuori da quella cornice. La nostra è una società patriarcale e se io, in quanto donna, dico “No”, vengo punita e la violenza può essere fisica, psicologica ma anche economica».
Citata la Convenzione di Istanbul del Consiglio d'Europa, ratificata anche dall'Italia, e il ruolo del comitato Grevio: «Questo comitato monitora circa l'applicazione della Convenzione nei diversi stati. L'Italia sarà richiamata per l'inapplicabilità delle azioni previste. Qui si parla troppo spesso di malattia e si applica la mediazione laddove non ha motivo di esistere». Sollevate criticità anche in riferimento al Codice rosa nel Pronto soccorso: «Siamo assimilate a disabili, anziani e minori, incapaci di tutelare noi stesse».
«Autodeterminazione» è stato il concetto chiave del suo intervento, anche nei momenti in cui, durante le interlocuzioni con il pubblico, vi è stata chi ha contestato la scelta di alcune donne di «ritornare dal proprio marito nonostante le violenze subite». «Non possiamo impedirglielo – ha ribadito Porcu –, è una libera scelta, e non possiamo dire loro che “non capiscono”. Significherebbe dire che il problema è il loro. Ricordiamoci che viviamo in una società dove l'unione della famiglia sta in cima a tutto».
Tra le soluzioni proposte, una serie di politiche di welfare orientate al genere e la necessità di mantenere slegati i centri antiviolenza dai servizi sociali comunali («Il mio vissuto è il mio, il mio privato è personale, non deve importare la residenza»). Il tutto senza perdere lo sguardo sul mondo: «Dall'Argentina alla Polonia, passando per il Kurdistan, qualcosa sta cambiando».
Intervenute, in qualità di relatrici, anche la psicoterapeuta Sabina Mele («Non parlo di violenza di genere ma di violenza in genere, della violenza psicologica che è sottile e lascia il segno, ma anche della violenza assistita che coinvolge i minori. Lavoro per disinnescare questi meccanismi») e la psicologa del lavoro Domenica Candito («Quando si è svincolate economicamente si ha la consapevolezza di valere e di poter trasmettere quel valore»). Intervenuto anche il parroco Don Orunesu («Nelle nostre zone vige il matriarcato. Il cristianesimo ha liberato la donna, è stato San Paolo a dire che non è schiava ma parte del matrimonio»).
Non è mancato il dibattito sul versante pedagogico tra chi si è soffermata sulla «educazione al sentimento e alla protezione» e chi, tra le insegnanti presenti, ha evidenziato le difficoltà che la scuola deve affrontare quotidianamente: «Ci sono famiglie che si oppongono anche ad alcuni progetti di lettura, si pongono al di sopra della scuola e noi non sappiamo cosa fare».
Chiamati in causa i consiglieri comunali rimasti per tutto l'incontro. Per Franca Pau «a Siniscola sarebbe necessario un centro d'ascolto per sostenere le donne che subiscono violenza psicologica, più grave di quella fisica perché è nascosta». Antonio Satta, sottolineando la necessità di non sottovalutare la violenza di genere, ribadendo il carattere patriarcale della società («l'uomo e la donna sono prodotti sociali di una cultura che codifica determinati comportamenti, non siamo in Scandinavia») e il ruolo della Chiesa nell'affermazione di tale modello, ha auspicato un «processo di autocoscienza e di autonomia, stiamo facendo dei passi indietro rispetto agli anni '70».