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Ute, Annibale Davoli racconta Pinuccio Sciola

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Quella di oggi sarà «una simpatica incursione nell'arte sarda moderna parlando di Pinuccio Sciola ad un anno dalla sua scomparsa». È quanto dichiarato da Antonio Murru, presidente dell'Università della terza età, in riferimento alla conferenza di questo pomeriggio. Protagoniste di questa “incursione” Annibale Davoli, iscritto Ute e insegnante in pensione.

«Pinuccio Sciola – come dichiarato da Murru – merita il ricordo e la riconoscenza della Sardegna tutta perchè non è stato soltanto un muralista, un pittore, uno scultore, un poeta, ma è stato anche, e forse soprattutto, colui che ha dato voce e vita ad un elemento, per definizione immobile e muto, del nostro paesaggio e della nostra vita. Egli ha dimostrato che le pietre e i massi che troviamo in ogni luogo della nostra esistenza sono in realtà vivi, elastici e ricchi di musica. È riuscito attraverso personali ed opportuni metodi di incisione ad entrare, per così dire, nelle viscere del basalto e del calcare, per “estrapolarne”, come diceva lui stesso, il suono racchiuso al loro interno fin da prima della creazione della terra».

Fu lo stesso Sciola a dire che la sua attività non era altro «che la continuità della cultura e del culto delle pietre che da milleni c’è stato in Sardegna».

Secondo Davoli, «all’interno delle pietre è rinchiuso il crepitio del magma incandescente lanciato nello spazio, il gorgoglio della materia liquida e perché no, anche i lunghi silenzi dei millenni rimasti imprigionati durante il lunghissimo processo di raffreddamento della crosta terrestre. Il grande merito di Pinuccio Sciola è stato quello di rimanere ancorato alla sua San Sperate e alla nostra Sardegna, terra antichissima, dove trovava le motivazioni giuste e il “materiale” adatto alla sua attività di artista».

«Il “suono petroso” - ha concluso Murru – che alimenta l’opera della scultore nel modellare le pietre e accompagna la mano che le accarezza e le fa risuonare, espande e trasmette la melodia immanente nella materia bruta, ma che tiene dentro di sè la melodia che ricorda lo sfrigolio bollente del fuoco che si immerge nella terra e nel basalto e il gorgoglio dell’acqua imprigionata nel calcare. Chi ascolta, anche per una volta soltanto, il suono duro ma armonico delle pietre, guarderà con occhi diversi la natura e non potrà fare a meno di pensare, vedendo una pietra o un masso abbandonato in un campo o una serie di massi che compongono i nuraghi o altri monumenti che all’interno di esse è racchiuso un suono represso ed inespresso per millenni».

Appuntamento alle 17:30 presso l'Auditorium “Mirella Fenu” della Biblioteca comunale.

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