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"Le lacrime bianche dei pastori", il contributo del docente Augusto Secchi

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Riceviamo e pubblichiamo la lettera aperta di Augusto Secchi, scrittore e docente siniscolese di Educazione artistica


Da alcuni giorni anche a Siniscola, come in ogni angolo della Sardegna, si piange sul latte versato. I primi a piangere sono gli occhi di quei pastori che, quel latte, lo versano nelle porcilaie, nelle superstrade, nelle piazze dei paesi. Nelle reti sociali - e dopo tre giorni di silenzio anche nelle televisioni - si susseguono filmati di una protesta che si trasforma in ribellione. Alcuni ribelli da tastiera propongono una protesta ancor più vigorosa, altri ribelli propongono una protesta di bambagia, più simbolica, che tenga conto di una frase che abbiamo sentito per tutta la nostra infanzia quando ancora il momento del pasto familiare era un rito non turbato dal gracchiare dei cellulari: “finisci quello che hai nel piatto. Quante volte te lo devo dire che non si butta la grazia di Dio?” Con questa frase che mi rimbombava in testa ho guardato il filmato dei pastori in Piazza del mercato a Siniscola, sotto gli occhi dell’avvocato dei poveri Luigi Oggiano, che sicuramente avrebbe approvato. Ho riconosciuto molti ragazzi che sono stati miei alunni rovesciare le loro taniche di latte, guardare con gli occhi umidi quel mare bianco che si allargava ai lati della piazza. Al loro fianco c’erano i padri che più volte mi hanno raccontato i loro sacrifici nel frequentare la scuola e, allo stesso tempo, dare una piccola mano d’aiuto all’azienda. Sia detto di passata: la piccola mano d’aiuto in questi casi consiste nello svegliarsi quando ancora il gallo è addormentato, andare con il padre all’ovile, aiutarlo a mungere e tutte le altre faccende che richiedono un lavoro fisico, ritornare a casa, farsi la doccia, fare colazione, prepararsi per andare a scuola. Nel vedere quei padri rovesciare quel latte ho pensato che anche loro avranno sicuramente ripensato a quelle parole, che quelle parole le avranno ripetute centinaia di volte a quei figli che in quel momento facevano il loro stesso gesto. E ho pensato che nessun uomo deve essere costretto a fare un gesto che va contro i suoi stessi principi, quelli che gli sono stati tramandati dal padre e dalla madre. Così come nessun uomo deve sentirsi con le spalle al muro, umiliato, costretto a raccogliere le briciole del proprio lavoro. Finito di guardare il filmato ho spizzicato qua e là fra la rete e mi sono imbattuto in alcuni catoni che, con fredde cifre alla mano, mi ricordavano che il prezzo lo fa il mercato e le sue leggi. Premettendo che non sono ferrato in partita doppia e che, quando si parla di leggi del mercato, mi prende il prurito alle unghie delle mani e, a volte, anche dei piedi, vorrei dire che è una logica scellerata e imprudente, che non condivido. Seguendo a puntiglio questa logica, controllata dai padroni del vapore, si può arrivare a giustificare tutto, persino l’oscenità di pagare un litro di latte ancora meno dei miseri sessanta centesimi. La logica, ma soprattutto il buon senso, è invece molto più semplice, quella che tutti i pastori ripetono da tempi immemorabili: non si può pagare un litro di latte, frutto del lavoro, quanto un litro d’acqua. E’ una logica che ho imparato anch’io, ascoltando i figli dei pastori. E che potrebbero imparare anche i padroni del vapore, se si soffermassero ad ascoltare le loro storie.

Augusto Secchi

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