I disagi vissuti dai disabili nei centri urbani non sono una novità. Spesso l'attenzione verso tali condizioni si manifesta nei momenti in cui personaggi pubblici parcheggiano la propria auto laddove non dovrebbero; oppure quando tante carrozzine danno vita a flash-mob occupando le aree di sosta il tempo che basta a lanciare il messaggio di civiltà; o, ancora, quando alcune (poche) amministrazioni comunali accompagnano la segnaletica con delle frasi ad effetto quali “vuoi il posto? Prendi il mio handicap!”. Ma il dover salire e scendere dall'auto è un problema onnipresente, quotidiano, condito dall'insensibilità, dallo scarso senso civico, dalla disonestà di chi, poiché legato da un vincolo di parentela ad altri disabili, approfitta della situazione per esporre sul cruscotto i tesserini anche in assenza dei diretti interessati e parcheggiare, senza averne alcun diritto, dentro le strisce gialle; dalla frenesia scandita dal clacson di chi non ha un minuto da “perdere” a “causa” delle non proprio comode manovre del cittadino in sedia a rotelle nelle strette vie siniscolesi (come ad esempio Via Sassari); dalla presenza di cunette ai bordi delle strade del centro abitato - senza griglie - rese così ancora più strette; dalla scomodità nel dover uscire dall'auto anche negli altri parcheggi (compreso quello di piazza Pusceddu). Signora Giovanna, di Ottana ma da tempo residente a Siniscola, madre di otto figli, è affetta da sclerosi multipla progressiva. Insieme alla figlia Silvana ci racconta tutto con il sorriso tipico di chi affronta la vita con serenità nonostante gli ostacoli, con la consapevolezza di abbracciare l'onestà, di rivendicare ciò che spetta di diritto senza scendere a compromessi. «Purtroppo quello dei parcheggi non è l'unico problema». Sono tanti, infatti. O comunque sufficienti a costringere i disabili a rimanere a casa, con l'aggravante che la loro assenza dalla nostra visuale li colloca nell'oblio: non li vediamo, ergo i problemi non emergono, non ci sono. «A volte vediamo che molti commercianti fanno di tutto per venirmi incontro, e questo è lodevole perché spesso non dipende dalle loro possibilità immediate, mi possono piazzare una pedana ma magari non hanno il bagno apposito o i camerini adatti». «Altre volte mi consentono di provare scarpe e vestiti a casa. Ma a me piace uscire, ho una passione particolare per scarpe e borsette. Perchè non posso avere il diritto di fare compere in autonomia? Preferirei sostenere l'economia locale ma, spesso, sono costretta a fare acquisti in altre città ben più abituate alla presenza di persone col mio stesso handicap». L'aria è tutto, nonostante le buche, i marciapiedi stretti ostacolati da aiuole al loro interno e gazebo di qualche bar, la pavimentazione di via Roma che è liscia solo per le quattro ruote delle autovetture (e quindi nel centro della strada), la mancanza di accessi in spiaggia (alla quale la famiglia della signora rimedia con tavole da cantiere “allestite” come passerella). E nonostante le lamentele di chi manifesta il proprio sgarbo – anche in Chiesa – con esclamazioni del tipo «uff queste carrozzine!», affermazioni deplorevoli come «apo postu sa màchina in sos parchègios de sos guastos» o, addirittura, perfino invidia de «s'acumpanzamentu». E gli uffici pubblici? «In Comune l'ufficio anagrafe è al piano di su e non sempre l'ascensore funziona, al bancomat non ci arrivo e allo sportello delle poste neppure». Il desiderio di signora Giovanna? «Che gli amministratori trascorrano una giornata in carrozzina per capire come si vive. Io presto volentieri la mia». Una battaglia, quindi, per fare di Siniscola una città a misura di disabile, ma anche per abbattere le barriere mentali di chi sfoggia un'inutile compassione invece della comprensione necessaria a costruire una società migliore.