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«Il viaggio di Vittorio non è finito», l'abbraccio siniscolese a Egidia Beretta Arrigoni

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In Sardegna da qualche giorno per parlare del suo libro “Il viaggio di Vittorio”, Egidia Beretta Arrigoni ha preso parte all'iniziativa organizzata dalla sezione locale dell'Anpi raccontando le passioni di suo figlio, la necessità di dare un aiuto concreto ai popoli oppressi, il coraggio di stare con gli ultimi («tutti i personaggi generosi e temerari che hanno incrociato la mia vita ai margini del mondo», come amava ripetere Vik) sfidando sequestri, torture, incarcerazioni e persino la morte.

Nelle sue parole «il viaggio di Vittorio non è finito, esso ha necessità di essere raccontato dappertutto e questo è il mio contributo».

Egidia ha poi letto alcune lettere del figlio fino a raccontare i momenti successivi alla morte, quattro anni fa: «abbiamo voluto che Vittorio rientrasse in Italia senza che transitasse in Israele, quello stato che non lo voleva, che l'ha incarcerato e torturato. Una volta arrivato a Fiumicino, con un volo di linea come se fosse un pacco, non c'era nessun rappresentante del governo, ma ciò a Vittorio non sarebbe importato. Anzi! Il vero Stato, per me, era rappresentato dalle diverse fasce tricolori che hanno preso parte ai funerali a Bulciago». Parole, cariche di commozione, che hanno colliso con l'assenza in sala dei rappresentanti dell'amministrazione siniscolese (se si esclude la presenza del consigliere di opposizione Antonio Satta) che pure hanno patrocinato l'iniziativa.

Intorno al racconto di Egidia hanno preso forma l'introduzione di Giuseppe Murreddu, l'excursus storico di Dario Sanna (dalle origini del sionismo alla situazione attuale), le letture di Paola Carroni (uno scritto di Raja Chemayel riportato sul blog di Vik “Guerrilla Radio”) e di Monica Pusceddu (la poesia “Pensa agli agli altri” di Mahmud Darwish), la riflessione di Lorenza Mercante sulla necessità quotidiana del “Restiamo umani” come sinonimo di resistenza e alcuni interventi dal pubblico.

Durante l'incontro è stato proiettato lo speciale trasmesso dalla tv Al Jazeera dove è proprio il giovane attivista a parlare. Un vero e proprio reportage sulle sofferenze continue si un popolo di pescatori e agricoltori costantemente (anche dentro le ambulanze della “mezzaluna rossa”) sotto il fuoco israeliano, sulle difficoltà degli attivisti dell'International solidarity movement, sulla famigerata operazione “Piombo fuso” durata 22 giorni.

«Io che non credo alla guerra – è ciò che disse Vittorio Arrigoni, ribadito nell'iniziativa di ieri – non voglio essere seppellito sotto nessuna bandiera. Semmai vorrei essere ricordato per i miei sogni. Dovessi un giorno morire – fra cent'anni – vorrei che sulla mia lapide fosse scritto quello che diceva Nelson Mandela: "Un vincitore è un sognatore che non ha mai smesso di sognare". Vittorio Arrigoni: un vincitore».

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