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Posada, “Ascurta su coro meu”: Bianca Pitzorno riproposta in sardo e in quartine dai bimbi della seconda elementare

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POSADA – Lingua sarda e scuola, un binomio che è ormai una garanzia in termini di coinvolgimento delle giovanissime generazioni e di sensibilizzazione generale su una tematica che, pur tra diverse problematicità, si sta ritagliando il suo spazio nel dibattito culturale delle nostre comunità.

Il 9 giugno, presso l'Auditorium, i bambini della seconda elementare hanno messo in scena una rappresentazione partendo da una particolare rivisitazione linguistica e poetica del romanzo di Bianca Pitzorno “Ascolta il mio cuore”.

Oltre al sardo (da qui il titolo tradotto “Ascurta su coro meu”) ha infatti prevalso l'utilizzo dello schema metrico della batorina. L'attività laboratoriale che ha preceduto e preparato lo spettacolo finale è stata portata avanti dall'insegnante Francesca Corbeddu.

«Il laboratorio – ha dichiarato l'operatore linguistico Angelo Canu – è servito a far scoprire ai bambini la grande duttilità e attualità del sardo utilizzando un libro per l'infanzia di una scrittrice amata. L'insegnante, dopo aver tradotto il libro in rima, scriveva in maniera confusa e disordinata le parole che rimavano e faceva giocare i bambini a scoprire quelle che combaciavano per suono e musicalità riscrivendo la quartina. In seguito, alternando le due lingue italiano e sardo, si spiegavano i vari significati delle parole dei modi di dire. Va comunque premesso che, inizialmente, la docente ha raccontato il libro utilizzando solamente ed esclusivamente la lingua sarda. Solo in seguito si è proceduto alla messa in scena e alla recitazione».

Nelle parole di Canu, «il lavoro di Corbeddu, coadiuvata da Grazia e Francesca Ruiu e da Piera Flores, con le meravigliose illustrazioni di Angela Deriu riprese da Quentin Blake, ha fatto registrare un grosso entusiasmo, tanta motivazione e la voglia di mettersi in gioco dei bambini. Tanta soddisfazione anche da parte dei genitori che hanno passato una gradevole mattinata a gustarsi i propri figli che recitavano e parlavano in sardo».

 

 

 

 

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