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Perquisizioni successive agli atti intimidatori, scarcerati i coniugi Roccia-Orunesu dopo tre giorni di arresti domiciliari. Dimostrata in giudizio la loro «perfetta buona fede»

La coppia difesa da Mara Lapia e Gianluca Sannio. L'avvocata: «Roccia non collegabile con gli atti intimidatori; armi sequestrate e munizioni non compatibili con quelle trovate nella lettera minatoria»

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Sulla base dell'articolo 41 del Tulps (il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza varato con regio decreto nel 1931), nella giornata di lunedì 29 maggio sono stati espletati diversi controlli in alcune abitazioni di Siniscola.

Le procedure di perquisizione finalizzate alla ricerca di «armi, munizioni e materie esplodenti non denunciate o non consegnate o comunque abusivamente detenute», come emerso nelle ultime cronache, rientrerebbero all'interno delle operazioni condotte a seguito degli atti intimidatori subiti dal primo cittadino Gian Luigi Farris.

Secondo le disposizioni dell'articolo citato, le perquisizioni e i conseguenti sequestri possono essere eseguiti dagli «ufficiali» e dagli «agenti della polizia giudiziaria che abbiano notizia, anche solo per indizio, dell'esistenza» di tali armi «in qualsiasi locale pubblico o privato o in qualunque abitazione».

Nella dimora dei coniugi Roccia-Orunesu (il tipografo Claudio e la moglie Efisia) sono stati ritrovati sei fucili appartenenti a Vindice Orunesu, dipendente comunale con la passione per la caccia morto nel 1985, e una pistola del Cavaliere Josto Orunesu, podestà di Siniscola deceduto nel 1935. Armi ereditate, insieme alla casa, e regolarmente denunciate dal padre di Efisia Orunesu fino alla sua morte.

Da lunedì pomeriggio la coppia era sottoposta agli arresti domiciliari, ma durante l'udienza di questa mattina gli avvocati Mara Lapia e Gianluca Sannio hanno dimostrato in giudizio la «perfetta buona fede dei coniugi» ottenendone la rimessa in libertà.

Il Giudice, nel rigettare le richieste del Pubblico ministero, ha disposto la scarcerazione immediata dei coniugi Roccia-Orunesu considerato che, come ribadito dagli avvocati, «gli stessi sono incensurati, non rappresentano un pericolo per la società e anche virtù del fatto che si trattava di armi antiche, alcune nemmeno funzionanti».

Mara Lapia ha voluto precisare che «il Roccia non è assolutamente collegabile con gli atti intimidatori e che le armi sequestrate e le munizioni non sono assolutamente compatibili con quelle trovate nella lettera minatoria indirizzata al sindaco».

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