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Barchette e tundos, le iniziative nate in rete per “Sa die de sa Sardigna”

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Il popolo sardo ricorda l'insurrezione popolare del 28 aprile 1794. In quella data vennero cacciati da Cagliari i piemontesi e il viceré Balbiano in seguito al rifiuto del governo centrale di soddisfare le richieste avanzate dagli stamenti sardi e all'arresto di alcuni avvocati patriottici. Quest'anno per “Sa die de Sardigna”, oltre alle manifestazioni ufficiali organizzate dalla Regione, si registrano due iniziative dal basso nate in rete.
La prima ha a che fare con l'idea di Pier Franco Devias: regalare una barchetta di carta a un amico. «Un gesto simbolico (e simpatico) - si legge nella descrizione presente nella pagina Facebook - per ricordare la nostra storia e per non dimenticare che bisogna sempre avere il coraggio di ribellarsi alla tirannia. Invitiamo tutti i maestri e le maestre a organizzare eventi nelle scuole per far costruire ai bambini delle simpatiche barchette di carta con la tecnica dell'origami, al fine di coinvolgere con un gioco le nuove generazioni nella conoscenza della storia sarda». Le foto pubblicate sulla pagina dell'evento e che otterranno più “mi piace” (o “m'agradat”, nella sperimentale versione sarda del social network),  diventerà l'immagine di copertina.
Sa die in tundu” è invece - nelle intenzioni degli organizzatori - «un flashmob apartitico formato da cittadini con differenti appartenenze politiche, culturali, territoriali». L'obiettivo è quello di «creare dei cerchi umani dovunque; aderire a quelli he varranno organizzati da associazioni, comitati, amministrazioni, organizzazioni politiche in giro per la Sardegna; scattare una foto e inviarla a info@sadieintundu.net». «Il cerchio - si legge nel portale internet dell'evento - rappresenta l’unità del nostro popolo e il prendersi per mano un gesto simbolico di condivisione; i tanti cerchi che verranno realizzati in giro per il mondo per ricordare sa Die de sa Sardigna rappresenteranno allo stesso tempo le nostre diversità ma anche il nostro stare assieme e la nostra appartenenza».

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